Dimissioni per Giusta Causa: 10 Motivi di Licenziamento Giustificato
A breve, tra le varie tipologie, verrà aggiunta nel modulo dimissioni online l’opzione di dimissioni per giusta causa, che prevede uno spazio in cui descrivere la motivazione.
Ad oggi, sono due le tipologie previste: dimissioni e risoluzione consensuale.
I motivi del licenziamento giustificato sono stati appena chiariti dal Ministero del Lavoro che ha pubblicato l’aggiornamento FAQ con le risposte alle domande più frequenti sul tema “dimissioni online”.
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I 10 motivi previsti in caso di dimissioni per giusta causa
Sono tanti, fin troppi, i lavoratori che si chiedono se hanno diritto o meno alla Naspi Inps nel caso in cui il rapporto di lavoro si concluda con le dimissioni per giusta causa.
Apriamo e chiudiamo una parentesi veloce: la Naspi è l’indennità di disoccupazione che spetta se viene dimostrato che la disoccupazione è involontaria e prevede che il rapporto di lavoro non sia terminato a causa di dimissioni e volontà del dipendente. Fanno eccezione, appunto, le dimissioni per giusta causa inoltrate dal lavoratore al sopraggiungere di certe condizioni e fatti che hanno reso complicato od impossibile proseguire il rapporto di lavoro.
In questo caso specifico, il lavoratore ha il diritto di dimettersi senza preavviso, ovvero di non rispettare l’obbligo di comunicazione della propria decisione nel periodo di preavviso stabilito.
Dimostrando che il motivo delle dimissioni è imputabile al titolare dell’azienda, il lavoratore dimissionario può ricorrere alla giusta causa per ottenere due effetti: il non obbligo di pagare l’indennità per mancato preavviso e la possibilità che sia il datore di lavoro a dover versare al dipendente un’indennità sostitutiva di mancato preavviso.
Prendendo in considerazione la natura di ‘motivo oggettivo’, sono 10 le cause previste per il licenziamento giustificato (il termine licenziamento non è improprio, in quanto per i fatti ‘incriminati’ è come se il dipendente fosse stato realmente licenziato):
- Mancata retribuzione.
- Omissione del versamento dei contributi previdenziali.
- Mancata osservanza delle norme sulla sanità e sulla sicurezza.
- Demansionamento ingiustificato.
- Trasferimento del lavoratore senza ragioni di tipo organizzativo.
- Mobbing e comportamenti vessatori da parte di superiori o colleghi.
- Condotte che ledono la reputazione e l’onore, condotte di natura razzista.
- Molestie sessuali e violenze psicologiche di tipo sessuale sul posto di lavoro.
- Proposte da parte dell’azienda per coinvolgere il dipendente in attività illecite.
- Dimissioni presentate nel corso del periodo di maternità (dai 300 giorni prima della presunta data di nascita fino al 1° anno del nascituro).
Le dimissioni devono essere documentate, accertate e verificare in sede legale.
La Corte Costituzionale ha inequivocabilmente stabilito che questo tipo di dimissioni comporta una situazione di disoccupazione involontaria, seppure scaturisca da un atto volontario del dipendente, e non si esclude, quindi, la corresponsione dell’indennità ordinaria di disoccupazione in base al diritto di lavoro.
Modalità per presentare le dimissioni
Premesso che – in base ai suddetti 10 motivi – l’inadempimento del datore di lavoro venga considerato sufficientemente ‘grave’ da non permettere la prosecuzione del rapporto lavorativo, il dipendente non dovrà far passare troppo tempo dal fatto ‘scatenante’, prima di dare le proprie dimissioni. Deve agire immediatamente in quanto non è ammesso il differimento delle dimissioni per giusta causa, a meno che il licenziamento giustificato non sia originato da un motivo eccezionale.
La modalità per presentare le dimissioni non cambia rispetto a quelle ordinarie.
In attesa che venga inserito nel modulo dimissioni online la tipologia di dimissioni giustificate, secondo quanto previsto dal Jobs Act il lavoratore dovrà trasmettere in via esclusivamente telematica il modello standard tramite procedura accessibile dal sito Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e comunicare per iscritto al datore di lavoro, subito dopo, la sua volontà di dimettersi specificando il termine ‘giusta causa’, includendo i motivi ed i fatti ‘incriminati’.
Allo scopo di ottenere l’indennità di disoccupazione, il dipendente dimissionario dovrà recarsi presso il Centro per l’Impiego del proprio Comune e sottoscrivere il suo impegno nel ritenersi disponibile a livello lavorativo in modo immediato compilando il modulo Did. Successivamente, dovrà recarsi presso uno sportello INPS dove potrà richiedere l’indennità di disoccupazione Naspi.
La pratica può essere velocizzata compilando il modulo Did direttamente presso l’INPS.
I più pratici potranno eseguire la procedura richiedendo il PIN di abilitazione all’INPS collegandosi al portale dell’Istituto oppure potranno recarsi presso una delle sedi territoriali da cui accederanno al form online di uno dei tanti patronati abilitati ad effettuare la registrazione.
Il dipendente dimissionario, dimostrando i requisiti reddituali, ha la possibilità di essere assistito nel processo con il patrocinio gratuito.
Il lavoratore intenzionato a rivolgersi al sindacato per procedere alle dimissioni non dovrà effettuare alcuna particolare procedura: basterà, in questo caso, esibire un documento di identità.
La procedura di comunicazione online delle dimissioni da parte del dipendente non assolve anche a quella cui è tenuto il datore di lavoro ai sensi dell’art. 9-bis del DL. 510/1996: i due adempimenti restano diversi e separati, quindi obbligatori per entrambe le parti. Il dipendente dovrà certificare online la sua volontà di rescindere il rapporto di lavoro mentre il datore di lavoro dovrà, dal canto suo, certificare l’effettiva estinzione del rapporto di lavoro.
Quanto costeranno allo Stato le dimissioni online?
In base ad un’indagine effettuata dall’Osservatorio della Fondazione Studi Consulenti del lavoro, introdurre le dimissioni online prevede i suoi costi sia per l’organizzazione del sistema telematico sia per i casi di dimissioni non convalidate. Includere nel calderone le dimissioni per giusta causa aumenterà gli oneri statali.
Facciamo due conti. In Italia si dimettono annualmente circa 1,4 milioni di lavoratori (il 10%) e ciò comporta costi pari a 10,5 milioni di euro per quei dipendenti dimissionari che, in fase di presentazione della domanda, si faranno assistere da patronati od altri enti.
A questo si aggiungano 105 milioni di euro per il ticket licenziamento (per un’anzianità fino a 3 anni) che le aziende sono obbligate a pagare ai lavoratori che abbandoneranno il posto di lavoro di colpo, per varie urgenze, senza presentare le dimissioni.
Ogni anno sono 70.000 i casi di fine rapporto di lavoro con mancata presentazione delle dimissioni, casi che restano nel limbo dell’incertezza visto che, senza comunicazione e modulo online, le dimissioni non sono valide. In casi come questi, le aziende sono costrette alla formula di licenziamento per giusta causa, con tutti gli oneri del caso.
Trasformare le dimissioni (anche quelle di fatto) in licenziamenti effettivi (per rientrare nella ‘certezza’) comporta per il lavoratore che abbandona il posto di lavoro anche il diritto all’indennità di disoccupazione e così, a tutti gli altri costi, si aggiungono altri 1,47 miliardi di euro per le casse dello Stato nell’arco di 24 mesi.
Una soluzione, appoggiata anche dalla Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, sarebbe quella di ripristinare il sistema della convalida delle dimissioni per dar modo all’azienda di comunicare al dipendente (che ha omesso di certificare le dimissioni online) che, in caso di mancata conferma, la dimissione diventi automatica dopo 7 giorni dal recesso.
Con un sistema del genere si eviterebbero non poche conseguenze economiche per le casse dello Stato.
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Conclusioni
Riassumendo, il dipendente intenzionato a presentare un licenziamento giustificato ha 10 buoni motivi per farlo.
Dovrà comunicare immediatamente online le dimissioni, che devono essere documentate, verificate ed accertate in sede legale.
In caso di accettazione, avrà diritto all’indennità sostitutiva del preavviso e all’indennità ordinaria di disoccupazione: non ha, invece, diritto al risarcimento del danno per compensare il pregiudizio dato dalla risoluzione del rapporto lavorativo.