Jobs Act: Cos’è e Cosa Prevede nel Testo Ufficiale Completo
Si discute da tempo del disegno di legge che punta a riformare il mercato del lavoro ma quanti sanno il Jobs Act cos’è e cosa prevede?
Cosa prevede il testo ufficiale completo? Qual è il significato celato dietro a queste due parole in inglese, prese a prestito dagli States, che sembrano confondere ancora di più una realtà già di per sé caotica?
Che vuol dire Jobs Act in termini pratici?
Questo disegno di legge, introdotto dal governo Renzi attraverso diversi provvedimenti legislativi varati tra il 2014 ed il 2015, punta ad apportare non poche riforme legate al diritto del lavoro in Italia, destinate a coinvolgere direttamente e indirettamente tutto ciò che è collegato allo stesso ‘job’: pensioni, ammortizzatori sociali come la cassa integrazione e la disoccupazione, contratti, agevolazioni, il welfare (sistema sociale che mira a garantire a tutti i cittadini la fruizione dei servizi sociali indispensabili).
E’ facile intuire a chi si applica: praticamente, a tutti coloro che sono associabili al ‘jobs market’, (alias mercato del lavoro, nel nostro italiano).
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Il Jobs Act cosa significa letteralmente?
Cos’è il Jobs Act, cosa significa e da dove deriva questo termine?
Deriva dall’acronimo “Jumpstart Our Business Startups Acts”, in riferimento alla legge statunitense promulgata nel 2012 da Barack Obama per favorire le piccole imprese attraverso fondi.
In Italia, il significato originale statunitense è stato preso a prestito per indicare qualcosa di diverso: una serie di interventi normativi generali da attuare per riformare il mercato del lavoro.
Avendo appreso cosa vuol dire il “Jobs Act Cos’è” termine originale statunitense, dimentichiamone il significato quando ci riferiamo al concepimento del disegno di legge italiano.
Nel 2014, è stato di fatto introdotto un contratto unico a tutele crescenti con la creazione di una vera e propria agenzia nazionale per l’impiego, un assegno di disoccupazione universale ed una semplificazione delle regole esistenti con la conseguente riduzione di molte tipologie di contratti lavorativi. E’ stata anche prevista una riforma della rappresentanza sindacale.
Vediamo, nei dettagli, che cosa prevede il testo completo ufficiale del Jobs Act Cos’è, non senza prima elencare tutti i decreti legge che si sono susseguiti dal 2014 ad oggi.
Tutti i decreti legislativi del Jobs Act dal 2014 ad oggi
Con il governo Renzi la riforma Jobs Act è stata suddivisa in due provvedimenti:
- Il decreto legge 20 marzo 2014 n. 34 (decreto Poletti)
- La legge 10 dicembre 2014 n. 183 (contenente varie deleghe da mettere in atto attraverso decreti legislativi emanati nel 2015).
Il governo italiano, per attuare la riforma, ha emanato i seguenti provvedimenti legislativi:
- Legge 10 dicembre 2014, n. 183;
- DL 4 marzo 2015, n. 22;
- DL 4 marzo 2015, n. 23;
- DL 15 giugno 2015, n. 80;
- DL 15 giugno 2015, n. 81;
- DL 14 settembre 2015, n. 148;
- DL 14 settembre 2015, n. 149;
- DL 14 settembre 2015, n. 150;
- DL 14 settembre 2015, n. 151.
Jobs Act: cos’è e cosa è cambiato
Il 20 febbraio 2015 la Jobs Act ha prodotto i primi due decreti attuativi per introdurre il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti (con decorrenza 7 marzo 2015) per i neoassunti con l’intento di contrastare il precariato ed i nuovi ammortizzatori sociali (in caso di disoccupazione involontaria e per la ricollocazione dei lavoratori disoccupati).
Il DL 23/2015 dà disposizioni anche riguardo alle dimissioni per giusta causa (possibili, oggi, solo per via telematica) e, in questo senso, ‘ritocca’ anche l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori applicandolo, in tema di licenziamenti, soltanto alle imprese con più di 15 dipendenti.
E’ stata abolita l’ASPI ed è stata costituita, in sostituzione, la NASPI, per il sussidio decrescente di massimo 24 mesi.
Per i lavoratori con contratti co.co.co è stato, invece, costituito il sussidio di disoccupazione DIS-COLL (per i collaboratori) che prevede un assegno di disoccupazione di massimo 6 mesi: un ‘gesto’ puramente sperimentale, se consideriamo che, dal 1° gennaio 2016, non si potranno più stipulare contratti di lavoro co.co.co.
Sempre di natura sperimentale è l’ASDI, un ulteriore assegno di disoccupazione accessibile a chi, alla scadenza dei termini NASPI, non trova lavoro e vive in condizioni di particolare necessità.
In base alla sentenza della Suprema Corte di Cassazione n. 24157 (sezione Lavoro) del 26 novembre 2015, tale riforma dovrebbe essere applicata anche ai dipendenti statali, ma tutto è stato modificato da una successiva sentenza (n. 11868 del 9 giugno 2016) secondo cui ai dipendenti pubblici dovrebbe applicarsi l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori (al contrario della riforma del lavoro Fornero) e che, a detta di molti, rappresenta di fatto una discriminazione.
Il DL 151/2015 introduce nuove regole di controllo dei lavoratori attraverso l’innovazione tecnologica: modifica l’art. 4 dello Statuto dei lavoratori prevedendo l’utilizzo di apparecchiature audiovisive per il controllo a distanza dei dipendenti, una regola non prevista in precedenza, come pure le sanzioni per i lavoratori che abusano per scopi non lavorativi di cellulari, tablet ed altri dispositivi tech.
Smette di essere accessibile la cassa integrazione, di cui viene rivista la durata e la partecipazione aziendale al momento della cessazione dell’attività aziendale.
Tre diversi regimi di tutela: ecco il Jobs Act cos’è
Cosa prevede, che vuol dire e, soprattutto, a chi si applica?
In materia di tutela del lavoratore, il Jobs Act ha creato confusione, anzi una tripla confusione.
Sostanzialmente, ha creato una netta disuguaglianza tra lavoratori pubblici e privati.
Il Jobs Act non ha modificato ma superato del tutto l’articolo 18: in caso di licenziamento senza giusta causa, ha sostituito il diritto al reintegro con un indennizzo, ma lo fa solo per i nuovi contratti di lavoro (per le assunzioni dopo il 7 marzo 2015).
Risultato: tre regimi differenti di tutela del lavoratore.
Ai lavoratori pubblici dovrebbe applicarsi l’articolo 18 previsto dallo Statuto dei Lavoratori (anche se non è ancora stato chiarito questo concetto).
Ai lavoratori privati assunti prima o entro il 7 marzo 2015 viene applicata la legge Fornero.
Ai lavoratori privati assunti dopo il 7 marzo 2015 viene applicato il Jobs Act: ciò vorrebbe dire che, all’interno della stessa azienda, in caso di licenziamento collettivo, alcuni avrebbero diritto di essere reintegrati ed altri no?).
Jobs Act e le nuove opzioni per i contratti part-time
La domanda “Jobs Act cos’è ed a chi si applica?” ci segue anche in merito alla novità recente sui contratti part-time.
Jobs Act cambia radicalmente certe regole legate al contratto part-time (o a tempo parziale) 2016.
Sono state introdotte, in sostanza, nuove opzioni che, in teoria, dovrebbero offrire un più ampio margine ai lavoratori di questa categoria.
Secondo la legge, è possibile stipulare un contratto part-time a tempo sia determinato che indeterminato con orario giornaliero, settimanale, mensile ed annuale.
Oltre ai tre differenti tipi di contratto (orizzontale, verticale e misto) previsti per legge, il Jobs Act introduce novità: se il contratto nazionale di riferimento non include regole specifiche, il limite massimo non sarà quello relativo al contratto a tempo pieno, ma il datore di lavoro potrà richiedere al lavoratore (con 2 giorni in anticipo e solo per part-time verticale e misto) prestazioni supplementari (non superiori al 15% delle ore settimanali concordate).
Il trattamento economico per i contratti part-time è equiparabile a quello previsto per i contratti a tempo pieno con stipendio commisurato all’orario ridotto.
L’altra novità è che si può richiedere il contratto part-time in sostituzione del congedo parentale per la durata di 10 mesi. Allo stesso modo, si può richiedere se il lavoratore è affetto da patologie oncologiche o cronico-degenerative.
Reazioni al Jobs Act
Nel clima di precarietà, disoccupazione, crisi ed evasione fiscale in cui versa il nostro Paese, il Jobs Act, da una parte, è stato giudicato ‘molto positivo’ dal Fondo Monetario Internazionale, dalla Banca Mondiale, dall’OCSE e dalla Banca Centrale Europea, dall’altra, è stato definito incostituzionale dal Movimento 5 Stelle, dai sindacati e non solo: per questo provvedimento, il governo Renzi è stato accusato di ‘servire’ le lobby economiche e finanziarie internazionali e, nella migliore delle ipotesi, Forza Italia e Lega Nord lo hanno semplicemente definito inutile.
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Jobs Act Cos’è: Conclusioni
Ora vi è chiara la domanda: Il Jobs Act Cos’è?
Il governo Renzi fa il suo show ed annuncia una ripresa economica che la maggioranza degli italiani non percepisce affatto. Un sondaggio condotto da Demetra per L’Osservatorio Demos-Coop rivela che su dieci italiani sette affermano che, in fatto di occupazione, non è ripartito un bel niente.
Il Jobs Act cos’è, cosa significa, che vuol dire? A chi si applica ed in che modo il testo completo ufficiale?
Per gli italiani, a conti fatti, è una riforma che non funziona o che (per il 32% degli intervistati) ha addirittura peggiorato la situazione precedente. Soltanto il 23% degli italiani riesce a dichiararsi ottimista sul futuro.
Il posto di lavoro sicuro più ambito resta quello alle dipendenze di un ente pubblico perché essere dipendenti di piccole o anche medie imprese è un rischio, in tempi di crisi.
Il 73% degli italiani è convinto che i giovani, per far carriera, debbano trasferirsi all’estero.
Forse, è per questo che Renzi ha chiamato il disegno di legge “Jobs Act” usando un termine inglese?